Dissertazione sulla fotografia

Dissertazione sulla fotografia

La fotografia è una forma d’arte espressiva che usa la luce per scrivere, su un supporto, concetti ed emozioni e sensazioni che avvengono in quel preciso istante e che si ripetono all’infinito proprio grazie alla fotografia.

 

La fotografia è la fotografia a prescindere dal luogo in cui venga praticata e dal genere a cui ci si voglia ispirare; pertanto le regole, e la loro sapiente conoscenza, sono alla base sia per poter scattare delle belle foto sia per poterne valutare contenuti e costruzione.

Oggi la fotografia è un potente mezzo di comunicazione visiva, in continua evoluzione, che usa linguaggi sempre più elaborati e complessi, seppur apparentemente semplici, per trasmettere emozioni che vengono metabolizzate dagli osservatori in un arco di tempo brevissimo.

Fino alla massiva diffusione del digitale e di Internet, le immagini fotografiche avevano tempi di vita lunghissimi, tant’è che alcune foto sono tutt’ora considerate dei capolavori dell’arte comunicativa, anche se realizzate con mezzi molto più poveri di quelli odierni. Affinchè un’immagine fotografica possa continuare a vivere oltre il velocissimo tempo di un “reload page” occorre che possieda degli elementi costruttivi molto innovativi e anche non convenzionali, seppur realizzata adattando metodi e tecniche, che agli ignoranti in materia, possono sembrare non idonee o pertinenti.

Ansel Adams, uno dei maestri indiscussi della fotografia amava affermare che «…”vedere” in anticipo le soluzioni alternative con cui si può restituire un soggetto lascia ampio spazio all’interpretazione soggettiva, permettendo di utilizzare in ogni fase i mezzi più adeguati necessari alla realizzazione dell’immagine che abbiamo visualizzato.»; questo ci dice essenzialmente che la fotografia non ha e non può avere limiti e paletti di carattere ideologico. Se così non fosse non esisterebbero tanti generi fotografici: il glamour, lo Still-Life, la fotografia di moda, ecc. solo per citarne qualcuno.

Mi è stato insegnato, quando studiavo fotografia, che ogni soggetto merita una luce che lo valorizzi e una composizione che ne esalti forme e volumi. La luce, un elemento essenziale ed importante che in molte fotografie, sarebbe meglio dire da molti fotografi, è usata in maniera meccanica e ripetitiva, senza rendersi conto se è funzionale oppure no alla scena inquadrata e al racconto visivo.

Oggi vediamo un appiattimento, una ripetitività continua, senza alcuna innovazione e senza alcuna ricerca nel linguaggio visivo; sempre più spesso si vedono immagini fotografiche che sono la brutta copia di altre immagini fotografiche: fotografie senza un’anima, senza una personalità; fotografie assolutamente anonime.

Qualcuno potrà pensare che sto scrivendo delle cose assurde e senza senso, ma non è così. Il concetto, alla base delle mie considerazioni, fonda le sue radici e le sue ragioni in questa affermazione del grande fotografo siciliano Ferdinando Scianna «…Il luogo comune vuole che la fotografia sia specchio del mondo ed io credo occorra rovesciarlo: il mondo è lo specchio del fotografo.» Cosa significa questo? Che la fotografia, quella con la F maiuscola, non può essere limitata ad una semplice rappresentazione della realtà, in quanto dopo poco questa diverrebbe ripetitiva e senza alcun interesse. Il fotografo, sempre quello con la F maiuscola, deve sempre ricercare nuovi punti di vista, nuove interpretazioni attraverso l’adozione di nuovi elementi della comunicazione visiva. Stesso discorso bisognerebbe farlo anche nei confronti di quei soggetti che si accingono a valutare le foto ai fini di decretarne un valore.

Mi è capitato spesso di sentire pseudo fotografi utilizzare termini come la Proporzione aurea e la Regola dei Terzi per criticare o valorizzare una fotografia, ma senza averne mai la piena conoscenza e cultura. La proporzione aurea è, innanzitutto, un concetto matematico che si trova nella sequenza di Fibonacci. Quindi, come ho scritto nel mio libro a proposito della Proporzione aurea «Un bravo fotografo, oltre ad essere in grado di controllare i parametri tecnici dell’esposizione, deve essere in grado di “dosare” la presenza dei vari elementi e la loro disposizione all’interno dell’inquadratura. Queste regole servono ad educare il nostro spirito critico verso una costruzione dell’immagine i cui contenuti siano compresi ed apprezzati dagli osservatori; la texture, ossia la trama, di cui sono formati gli oggetti che fotografiamo; il cromatismo, i volumi, l’uso sapiente della sfocatura: sono tutti elementi che opportunamente miscelati e dosati consentono di ottenere immagini fotografiche dense di atmosfera e significato, generando nell’osservatore emozioni e sensazioni.»

Sempre questi pseudo-fotografi, ma anche tanti giurati, quando parlano della Regola dei Terzi, sono convinti che il soggetto principale debba occupare un terzo della scena inquadrata, ignorando che nella composizione e, quindi, nella Regola dei Terzi entrano in gioco anche altri fattori che sono: le linee, le forme geometriche, la trama, il colore, la direzione della luce e la sua qualità, le ombre. Come ben si può evincere, tenendo conto anche di questi parametri, la Regola dei Terzi ha tutto un altro significato, e anche le immagini costruite su queste basi assumono un linguaggio visivo molto diverso, che necessita di una buona preparazione culturale e tecnica per poterle valutare, e non di quello che si pensa di conoscere.

Ma queste cose accadono, purtroppo, in Italia dove ci si improvvisa, dove ognuno si spaccia per quello che non è, a scapito della professionalità e della qualità. Persone amanti della fotografia si spacciano per essere dei professionisti (Professionista è colui che vive di quel mestiere e di cui possiede titoli e competenze) con conoscenze frutto di un autoapprendimento o della cultura di internet. All’estero le cose sono sostanzialmente diverse, i professionisti sono riconosciuti come tali e il loro talento e lavoro è valorizzato.

Stesso discorso vale per coloro che a vario titolo fanno parte di giurie nei vari concorsi di fotografia che si organizzano sul territorio italiano. Spesso i componenti di queste giurie non hanno le competenze minime e necessarie per assolvere a tali compiti. La conseguenza è che opere fotografiche che raffigurino elementi e linguaggi innovativi vengono svalorizzate perchè, chi dovrebbe valutarle, non è in possesso degli elementi tecnici e culturali per effettuare delle valutazioni oggettive.

Ne consegue che fotografie e fotografi con contenuti degni di attenzione vengano penalizzati a vantaggio di coloro che usano la macchina fotografica al pari di un qualsiasi elettrodomestico e le cui foto sono il risultato della casualità.

Credo che sia arrivato il momento di riscrivere nuove regole nella fotografia italiana, in quella subacquea in particolar modo troppo ancorata sui concetti e sugli stili di coloro che sono stati i pionieri in questa categoria.

Il mondo sommerso, secondo il mio punto di vista, può essere rappresentato in due modi: in maniera descrittiva e documentaristica o in maniera creativa. Parafrasando Ferdinando Scianna il mondo sommerso è lo specchio del fotografo e spetta a lui interpretarlo nel migliore dei modi tecnicamente e culturalmente, senza paletti o limiti che non siano intrinsechi al rispetto dell’ambiente.

Spetta ai giurati o a coloro che aspirano ad esserlo essere preparati culturalmente e tecnicamente per ben saper interpretare e valutare i nuovi contenuti espressivi e di comunicazione che è necessario adottare per non avere foto piatte e ripetitive.